Studio Legale Avv. Giacomo Galeota

Dipendente attivo su Facebook in orario di lavoro: il licenziamento è legittimo

Dipendente attivo su Facebook in orario di lavoro: il licenziamento è legittimo

Giacomo Galeota • Pubblicato il 08 gennaio 2024

Il Tribunale di Cosenza ha ritenuto il licenziamento proporzionato ai fatti accertati, tenuto conto della mansione svolta dal dipendente, che guidava veicoli aziendali

Giacomo Galeota
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Avvocato
Mi dedico all'attività professionale di Avvocato e, al contempo, all'attività divulgativa e formativa, pubblicando articoli e approfondimenti in materia di risarcimento danni, responsabilità civile, diritto penale e diritto di famiglia, partecipando ad eventi e corsi, organizzati in tutto il territorio nazionale, su tematiche attinenti alla protezione dei dati personali e sulle questioni di maggior interesse riguardanti il rapporto tra diritto e mondo del web e delle nuove tecnologie.
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Nota del Dott. Andrea Basso

 

Con sentenza del 09 ottobre 2021 sotto allegata, il Tribunale di Cosenza ha dichiarato legittimo il licenziamento di un lavoratore che utilizzava il social network Facebook in orario di lavoro, mentre si trovava alla guida di un veicolo aziendale come autotrasportatore.

Il dipendente si era rivolto con ricorso ex art. 414 c.p.c. al Giudice del Lavoro del Tribunale cosentino, impugnando il licenziamento per giusta causa intimatogli, con missiva dell'Agosto 2020, dall'azienda presso il quale lo stesso aveva lavorato come autoferrotranviere a partire dall'Aprile 1996. Oltre a delle irregolarità nella comunicazione del licenziamento, il lavoratore negava di aver tenuto i comportamenti contestati dall'azienda, ad avviso del quale l’uomo, in più occasioni, aveva trascorso del tempo su Facebook con il cellulare, condividendo diversi post mentre era alla guida degli automezzi aziendali.

Ad avviso del ricorrente, la sanzione disciplinare era sproporzionata rispetto ai fatti contestati, di tal ché l'azienda avrebbe dovuto reintegrarlo in organico, provvedere al versamento di un'indennità risarcitoria per il periodo di allontanamento dal lavoro, oltre agli oneri contributivi e previdenziali relativi a tale intervallo temporale, ma anche al risarcimento del danno all'integrità psico-fisica causato dal comportamento del datore di lavoro. In subordine, lo stesso chiedeva l’applicazione della tutela obbligatoria.

Il Giudice del Lavoro ha tuttavia ritenuto infondato il ricorso. Infatti, i fogli di viaggio prodotti in giudizio dalla società resistente, hanno mostrato come, in più giorni del mese di Giugno 2020, il lavoratore era stato in servizio dalle 06.30 alle 14:30 e che, negli orari indicati nella lettera di contestazione, lo stesso era alla guida del veicolo aziendale.

La difesa della ditta resistente ha poi allegato documenti da cui è emerso, in maniera oggettiva, che  nei giorni e negli orari sopra indicati, il ricorrente fosse attivo sul proprio profilo Facebook, e fosse intento a pubblicare post e commenti su argomenti di attualità, tratti da quotidiani nazionali e locali.

Dunque, i fatti addebitati al dipendente erano sussistenti e a lui stesso riconducibili. Ciò in quanto i fogli di viaggio erano stati sottoscritti dallo stesso ricorrente, così che ogni contestazione al riguardo, oltre ad essere stata avanzata in maniera generica ed improbabile, non era idonea a scalfire l'oggettività e l'efficacia probatoria del materiale allegato dall'azienda.

Il Giudice ha peraltro riconosciuto piena attendibilità alla dichiarazione scritta resa da un lavoratore addetto all'amministrazione, che ha riferito di essere stato contattato telefonicamente dal ricorrente a seguito della contestazione disciplinare ricevuta con una telefonata, nel quale lo stesso, di fatto, aveva ammesso la violazione, affermando: “solo perché ho fatto qualche post e commento su facebook adesso mi fate una contestazione disciplinare? Ricorrete a questi mezzucci?”.

Pertanto, stante l'incompatibilità delle condotte provate in giudizio rispetto alla mansione della guida dei veicoli aziendali, svolta dal lavoratore ricorrente, le stesse sono state ritenute giusta causa di licenziamento. Allo stesso modo, il giudice ha valutato come proporzionata la natura del provvedimento di licenziamento rispetto ai fatti accertati, proprio alla luce della particolare natura dell'attività svolta e della massima attenzione richiesta a chi si mette alla guida di un automezzo, a tutela dell'incolumità degli utenti del servizio e, in generale, della sicurezza della circolazione stradale.

Pur ritenuto legittimo il recesso operato dal datore di lavoro, il Tribunale ha tuttavia accolto la domanda del ricorrente, avanzata in via subordinata, in relazione alla condanna alla società a corrispondere in suo favore il Trattamento di fine rapporto per circa € 20.000,00.

Ciò in quanto il Giudice ha fatto proprio un orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui, in caso di impugnativa del licenziamento promossa secondo il rito di cui all'art. 1 comma 48 della Legge n. 92/2012, il lavoratore può richiedere, in via subordinata, il pagamento del t.f.r. e dell'indennità di preavviso derivanti dalla cessazione del rapporto, ovvero fondate su fatti costitutivi già dedotti (cfr. Cass. Sez. Lavoro, sentenza n. 17091/2016).

Alla luce delle predette argomentazioni, il ricorso è stato respinto ma l'Azienda è stata condannata al pagamento, in favore del dipendente, della somma di € 22.140,83 oltre interessi e rivalutazione, a titolo di trattamento di fine rapporto. Stante l'esito complessivo del giudizio, le spese legali sono state invece compensate.

 

In allegato, il testo della sentenza del Tribunale di Cosenza del 9 ottobre 2021.

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