Studio Legale Avv. Giacomo Galeota

Parcella dell’avvocato espressa in ore: l’Unione Europea chiede chiarezza

Parcella dell’avvocato espressa in ore: l’Unione Europea chiede chiarezza

Giacomo Galeota Giacomo Galeota • Pubblicato il 27 ottobre 2023

Per la Corte di Giustizia UE, la parcella per la prestazione legale determinata in ore deve consentire al cliente di valutare il costo complessivo del contratto

Giacomo Galeota
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Avvocato
Mi dedico all'attività professionale di Avvocato e, al contempo, all'attività divulgativa e formativa, pubblicando articoli e approfondimenti in materia di risarcimento danni, responsabilità civile, diritto penale e diritto di famiglia, partecipando ad eventi e corsi, organizzati in tutto il territorio nazionale, su tematiche attinenti alla protezione dei dati personali e sulle questioni di maggior interesse riguardanti il rapporto tra diritto e mondo del web e delle nuove tecnologie.
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Nota dell’Avv. Andrea Basso

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza pubblicata il 12 gennaio 2023 e sotto allegata, resa nella causa C-395/21, si è espressa in tema di parcelle per la prestazione legale determinate in base a tariffa oraria, affermando la necessità di fornire al cliente un quadro di informazioni più dettagliato possibile.

La Corte Suprema Lituana ha effettuato rinvio pregiudiziale alla Corte comunitaria per risolvere una controversia tra un avvocato ed un suo cliente, relativa all’interpretazione di alcuni articoli della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, come modificata dalla direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011.

La vicenda trae origine nel periodo compreso tra l’11 aprile e il 29 agosto 2018, quando un cittadino lituano  ha stipulato cinque contratti di prestazione di servizi legali a titolo oneroso con un avvocato: due contratti riguardanti cause civili vertenti, rispettivamente, sulla comunione di beni e sulla residenza di figli minori, sulle modalità di visita e sulla fissazione degli alimenti; due contratti riguardanti la rappresentanza del cliente dinanzi alla stazione di polizia e alla procura del distretto di Kaunas (Lituania) e un contratto avente ad oggetto un procedimento di divorzio.

In tali contratti, all’art. 1, l’avvocato si impegnava a fornire consulenze legali orali e per iscritto, a preparare bozze di atti giuridici, a effettuare studi giuridici degli atti e a rappresentare il cliente dinanzi a diverse entità, compiendo gli atti connessi, per un onorario pari, per ciascun contratto, ad € 100 «per ogni ora di consulenza o di prestazione di servizi legali al cliente». Inoltre, era stato stabilito che “una parte degli onorari indicati (...) fosse dovuta immediatamente, su presentazione, da parte dell’avvocato, di una fattura per servizi legali, tenendo conto delle ore di consulenza o di prestazione di servizi legali effettuate”.

Il legale ha fornito servizi legali dall’aprile al dicembre 2018, dal gennaio al marzo 2019 e i giorni 21 e 26 marzo 2019, emettendo regolare fattura per tutti i servizi forniti, mentre il cliente ha versato, a titolo di acconto sugli onorari, la somma totale di € 5.600.

Il 10 aprile 2019, l’avvocato ha così adito il Tribunale di Kaunas, lamentando il mancato saldo degli onorari a lui spettanti, e il Tribunale, nel marzo 2020, ha accolto parzialmente la domanda, ritenuto che, in base ai contratti stipulati, gli onorari spettanti al ricorrente fossero pari a complessivi € 12.900. Tuttavia, il giudice ha dichiarato che le clausole relative al prezzo di tutti e cinque i contratti erano abusive, riducendo alla metà gli onorari reclamati e condannando il cliente a versare la somma di € 1.044,33, tenuto conto dell’acconto versato e degli interessi annui.

Tale decisione è stata confermata anche in appello e, pertanto, il legale ha proposto ricorso per cassazione dinanzi alla Corte Suprema Lituana, la quale si è rivolta alla Corte di Giustizia UE per l’interpretazione relativa a due questioni: da un lato, l’obbligo di trasparenza delle clausole vertenti sull’oggetto principale dei contratti di prestazione di servizi legali e, dall’altro, gli effetti dell’accertamento del carattere abusivo di una clausola che fissa il prezzo di detti servizi.

In primo luogo, i Giudici europei hanno affermato che la clausola che fissi il prezzo dei servizi legali forniti secondo il principio della tariffa oraria rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 4 paragrafo 2 della direttiva 93/13, in quanto tale pattuizione “fa parte delle clausole che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale, essendo tale rapporto proprio caratterizzato dalla fornitura dietro compenso di servizi legali. Detta clausola rientra, di conseguenza, nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. […] Infatti, quando una clausola contrattuale fa parte di quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale, ciò vale tanto nell’ipotesi in cui tale clausola sia stata oggetto di negoziato individuale quanto in quella in cui un siffatto negoziato non abbia avuto luogo”.

La disposizione sopra citata prevede altresì che le clausole contrattuali debbano essere formulate in modo chiaro e comprensibile, con la conseguenza che il contratto deve esporre “in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola in parola nonché, se del caso, il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che tale consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano”.

Pertanto, nell’esaminare il contenuto delle clausole, il Giudice è tenuto a verificare se il consumatore, prima della conclusione del contratto, abbia ricevuto comunicazione in merito agli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno, al fine di valutare le conseguenze finanziarie dell’incarico conferito: solo in base a tali informazioni, infatti, il cliente-consumatore deciderà se vincolarsi alle condizioni prospettate dal professionista.

Nel caso di specie, la tariffa oraria proposta dal legale non consentiva al consumatore medio di valutare l’importo complessivo dovuto per i servizi richiesti, specie in mancanza di qualsiasi altra informazione fornita dal professionista.

E’ innegabile che, nella maggior parte dei casi, sia impossibile per il professionista determinare a priori il numero di ore necessarie per fornire i propri servizi, le quali dipendono da eventi futuri, imprevedibili e indipendenti dalla sua volontà.

Tuttavia, argomenta la Corte, “le informazioni che egli è tenuto a comunicare prima di concludere il contratto devono “consentire al consumatore di prendere la sua decisione con prudenza e con piena cognizione, da un lato, della possibilità che siffatti eventi si verifichino e, dall’altro, delle conseguenze che essi potrebbero comportare per quanto riguarda la durata della prestazione di servizi legali di cui trattasi”.

In ogni caso, il mancato soddisfacimento degli obblighi di trasparenza non rende la clausola in esame automaticamente abusiva, atteso che tale effetto può essere disposto solo dal legislatore nazionale, ove si scelga di garantire un standard di tutela più elevato di quello delineato dalla direttiva 93/13, come avviene nel caso del diritto lituano (l’articolo 6.2284, paragrafo 6, del codice civile dispone che le clausole contrarie all’obbligo di trasparenza sono considerate abusive).

Per quanto riguarda invece le conseguenze dell’eventuale accertamento del carattere abusivo della clausola relativa al prezzo, i Giudici europei affermano che se il giudice nazionale, applicando le disposizioni di diritto interno, dichiarasse l’insussistenza dei contratti dopo la soppressione della clausola relativa al prezzo, sarebbe possibile dichiarare l’invalidità dei contratti stessi ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, anche quando ciò comporti che il professionista non percepisca alcun compenso per i suoi servizi.

Tuttavia, il giudice può sostituire una clausola abusiva dichiarata nulla con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o applicabile in caso di accordo tra le stesse parti, ove l’invalidazione dell’intero contratto penalizzerebbe in maniera eccessiva il consumatore. Al contrario, il giudice non può sostituire la clausola abusiva dichiarata nulla con una stima giudiziaria del livello del compenso dovuto per detti servizi.

Perciò, concludono i Giudici europei,qualora un contratto di prestazione di servizi legali stipulato tra un avvocato e un consumatore non possa sussistere dopo la soppressione di una clausola dichiarata abusiva che fissi il prezzo dei servizi secondo il principio della tariffa oraria, e tali servizi siano già stati forniti, essi non ostano a che il giudice nazionale ripristini la situazione in cui il consumatore si sarebbe trovato in assenza di tale clausola, anche quando ciò comporti che il professionista non percepisca alcun compenso per i suoi servizi. Nell’ipotesi in cui l’invalidazione del contratto nella sua interezza esponga il consumatore a conseguenze particolarmente dannose, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, tali disposizioni non ostano a che il giudice nazionale sani la nullità di detta clausola sostituendola con una disposizione di diritto nazionale di natura suppletiva o applicabile in caso di accordo tra le parti di detto contratto”.

Alla luce di tale pronuncia, il Giudice lituano del rinvio dovrà decidere la controversia tra legale e cliente-consumatore in base ai principi interpretativi appena esposti, provvedendo altresì sulle spese di giudizio.

 

In allegato sentenza della Corte di Giustizia UE del 12 gennaio 2023

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