Studio Legale Avv. Giacomo Galeota

Separazione: escluso l’addebito se la moglie non lava e non cucina

Separazione: escluso l’addebito se la moglie non lava e non cucina

Giacomo Galeota • Pubblicato il 27 ottobre 2023

Respinta la domanda di separazione con addebito avanzata dal coniuge che lamentava il rifiuto, da parte della moglie, di preparare i pasti e lavare gli indumenti.

Giacomo Galeota
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Avvocato
Mi dedico all'attività professionale di Avvocato e, al contempo, all'attività divulgativa e formativa, pubblicando articoli e approfondimenti in materia di risarcimento danni, responsabilità civile, diritto penale e diritto di famiglia, partecipando ad eventi e corsi, organizzati in tutto il territorio nazionale, su tematiche attinenti alla protezione dei dati personali e sulle questioni di maggior interesse riguardanti il rapporto tra diritto e mondo del web e delle nuove tecnologie.
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Nota del Dott. Andrea Basso

 

Il Tribunale di Foggia, con la sentenza n. 1092/2021 sotto allegata, si è pronunciato in merito ad una domanda di separazione avanzata nel 2016, statuendo in merito alle domande di addebito presentate da entrambi i coniugi nonché regolando le questioni economiche tra le parti.

Il marito aveva instaurato il giudizio dinanzi al Tribunale foggiano, chiedendo l'addebito della separazione alla moglie, in quanto la stessa avrebbe, durante la vita coniugale, rifiutato di preparare piatti caldi e di lavare la biancheria del coniuge. L’uomo ha lamentato l’atteggiamento di disinteresse e indifferenza da parte della moglie, nonché la contrarietà di tali atteggiamenti rispetto ai doveri coniugali di collaborazione e contribuzione all'interesse della famiglia, oltre che all’obbligo di assistenza materiale e morale.

Nel corso del giudizio è inoltre emerso che il coniuge provvedeva a fare la spesa e consumava la colazione a casa della madre, la quale, in diverse occasioni, aveva anche lavato gli abiti da lavoro indossati dall’uomo.

Tuttavia, il collegio giudicante ha ritenuto la domanda di addebito infondata, in quanto non sono state provate circostanze idonee a far emergere una violazione dei doveri di collaborazione coniugale e, dunque, tali da configurare l'abbandono del nucleo familiare. Infatti, si è scoperto che il marito faceva la spesa solo talvolta e che il mancato lavaggio degli abiti da lavoro era fondato sulla volontà della donna di evitare di contaminare gli indumenti del figlio.

I giudici hanno inoltre ritenuto opportuno precisare che, a seguito della riforma del diritto di famiglia operato con la legge n. 151 del 1975, dal momento in cui contraggono matrimonio, i coniugi acquisiscono diritti e doveri paritetici, ragion per cui non è possibile attribuire ad uno solo dei due tutti i compiti di cura della casa e della prole, anche qualora questi non svolga attività lavorativa.

In altre parole, una situazione di sottomissione di un coniuge nello svolgere lavori di mera cura dell'ordine domestico, è inammissibile e contraria al tenore della legge.    

Allo stesso modo, anche la domanda di addebito avanzata dalla moglie è stata rigettata. La donna aveva sostenuto che il marito volesse imporre la propria mentalità unilaterale, anche mediante violenza fisica, e che lo stesso avesse iniziato una relazione extraconiugale con una collega di lavoro, circostanza che lo aveva portato a non avere più interesse nei confronti della coniuge.

In proposito il Tribunale, dopo aver ricordato che, in via generale, l'inosservanza dell'obbligo di fedeltà costituisce una violazione grave e, di regola, sufficiente a giustificare l'addebito della separazione al coniuge responsabile, ha precisato la necessità di valutare il nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, dovendosi verificare se il rapporto sia irrimediabilmente compromesso già in precedenza.

E' proprio in base a tale valutazione che la domanda di addebito avanzata dalla moglie è stata respinta, in quanto la stessa donna ha riferito che il logorio della coppia aveva origini ben consolidate nel tempo, a causa del cessato feeling tra i coniugi. Pertanto, la relazione extraconiugale avuta dal marito e l'abbandono del tetto coniugale, come pure gli episodi di violenza, peraltro scarsamente sostenuti in giudizio, sono da intendersi come una conseguenza dei disaccordi tra le parti, i quali hanno minato le basi della famiglia.

Da quanto esposto, emerge così che nessuno dei coniugi ha adeguatamente provato che la rottura del matrimonio si è originata a seguito della violazione dei doveri e degli obblighi matrimoniali, e, per tali ragioni, entrambe le domande di addebito della separazione sono state respinte.

Ciò precisato, l'organo giudicante, dopo aver disposto l'affidamento ad entrambi i genitori del figlio minorenne della coppia, con collocamento prevalente presso la casa coniugale, assegnata alla madre nell'interesse del minore, ha provveduto in merito alle statuizioni economiche.

Nello specifico, ad avviso del Tribunale, il ricorrente, medico di professione, ha una “significativa capacità di produrre ricchezza in modo sostanzialmente stabile, sia pure con oscillazioni incapaci di compromettere una condizione di evidente benessere”, mentre la moglie non ha mai svolto attività lavorativa e, prima del matrimonio, ha lasciato gli studi per dedicarsi alla famiglia. Pertanto, i giudici hanno ritenuto sussistente una “rilevante sproporzione reddituale tra i coniugi, che non consente alla resistente di mantenere un tenore di vita analogo a quello offerto dalle potenzialità economiche dei coniugi in costanza di convivenza matrimoniale”.

In considerazione di ciò, il Tribunale ha riconosciuto alla moglie un assegno mensile di € 1.500,00, di cui € 1.000,00 a titolo di mantenimento del figlio minore, fondando, ancora una volta, la propria decisione sull'analisi dello stile di vita avuto dai coniugi durante il matrimonio.

La pronuncia appena esaminata appare pertanto in linea con i principali orientamenti della giurisprudenza in tema di addebito della separazione e di diritto all'assegno di mantenimento, e, soprattutto, si pone a sostegno di quella visione paritaria dei coniugi, delineata già nel 1975 ma ancora ad oggi spesso sottovalutata. 

 

 

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La responsabilità civile rientra nella categoria più ampia delle responsabilità giuridiche. In particolare la locuzione ‘responsabilità civile’ ha un duplice significato: da un lato essa indica l’intero istituto composto dalle norme cui spetta il compito di individuare il soggetto tenuto a sopportare il costo della lesione ad un interesse altrui; dall’altro può essere considerata sinonimo della stessa obbligazione riparatoria imposta al soggetto responsabile.

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