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L'assegnazione della casa familiare viene infatti sempre disposta a tutela dell'habitat domestico dei figli minori della coppia che cessa la convivenza. La revoca è ammissibile solo se le mutate condizioni recano un pregiudizio ai minori. Per revocare l'assegnazione della casa coniugale al genitore che convive con i figli occorre quindi accertare, nel caso concreto, la contrarietà all'interesse dei minori della nuova convivenza dell'adulto.
Né rileva che la casa coniugale sia in realtà di proprietà di terzi. È quanto è accaduto nel caso deciso dal Tribunale di Castrovillari: a chiedere l'intervento del giudice sono stati i nonni paterni, proprietari della casa familiare assegnata in comodato, dopo la fine della relazione tra il loro figlio e la sua ex, a quest'ultima e al bimbo nato dalla coppia. I nonni hanno chiamato in causa la madre per chiederle di rilasciare l'immobile dato che aveva iniziato a convivere con un altro uomo.
Il giudice richiama la giurisprudenza che ha interpretato la norma ora contenuta nell'articolo 337-sexies del Codice civile (in precedenza articolo 155-quater), che prevede che «il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio». Disposizione che non va intesa in senso assoluto: occorre sempre esaminare l'effettiva contrarietà all'interesse dei minori, titolari dell'assegnazione, dell'instaurata nuova convivenza. Se questa contrarietà non viene accertata, l'immobile resterà al genitore convivente con i figli, a prescindere dalla nuova convivenza.
Così, osserva il Tribunale di Castrovillari, è «evidente che l'avvio di una nuova convivenza da parte della convenuta nell'immobile per cui è causa non determina ipso facto la cessazione dell'assegnazione dello stesso quale casa familiare, essendo necessaria una verifica della persistenza dell'interesse del minore a continuare ad abitare nella medesima casa unitamente alla madre e al suo nuovo compagno».
Un interesse che, nel caso esaminato dal Tribunale di Castrovillari, c'è, dato che il nuovo compagno «sta contribuendo sensibilmente ad aiutare la madre a prendersi cura, anche a livello economico, del figlio». Rileva anche il fatto che il minore sia affetto da gravi problemi di salute, per cui «la presenza quotidiana e stabile di un'altra persona a fianco della madre non può che avere effetti positivi anche nella prospettiva della gestione del minore e delle sue necessità».
Per questi motivi il giudice respinge la domanda dei nonni paterni e conferma l'assegnazione in comodato della casa familiare.
Fonte: Il Sole 24 Ore - Giorgio Vaccaro - 23/03/2020 pg. 20
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Giacomo Galeota
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