Studio Legale Avv. Giacomo Galeota

L'autocertificazione e la libertà di spostamento: scrivere il falso sull'autocertificazione non è reato

L'autocertificazione e la libertà di spostamento: scrivere il falso sull'autocertificazione non è reato

Giacomo Galeota • Pubblicato il 27 ottobre 2023

Interessante pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia, secondo cui i DPCM non possono contrastare con il diritto alla libertà personale

Giacomo Galeota
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Avvocato
Mi dedico all'attività professionale di Avvocato e, al contempo, all'attività divulgativa e formativa, pubblicando articoli e approfondimenti in materia di risarcimento danni, responsabilità civile, diritto penale e diritto di famiglia, partecipando ad eventi e corsi, organizzati in tutto il territorio nazionale, su tematiche attinenti alla protezione dei dati personali e sulle questioni di maggior interesse riguardanti il rapporto tra diritto e mondo del web e delle nuove tecnologie.
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Nota del Dott. Andrea Basso

 

E' passato più di un anno da quando l'allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dopo aver adottato il D.P.C.M. del 8 marzo, annunciava in diretta televisiva che l'Italia sarebbe diventata interamente zona rossa, con il divieto di spostamenti nel territorio nazionale se non giustificati da comprovate esigenze lavorative, di salute o di necessità.

Veniva così introdotta la ormai famosa autocertificazione, un modulo prestampato che, con il susseguirsi dei decreti nel corso dell'emergenza epidemiologica, gli italiani hanno dovuto imparare a compilare e a portare con sé ogni qualvolta si renda necessario uscire dalla propria abitazione.

Ma come si pone l'autocertificazione rispetto alla libertà personale, garantita dall'art. 13 della nostra Costituzione?. E soprattutto, quali sono le sanzioni previste nel caso in cui in tale documento vengano inserite dichiarazioni false?

Tali aspetti sono stati al centro della pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia, la cui sezione GIP-GUP, con sentenza n. 54 del 27 gennaio 2021, è stata chiamata a decidere su una vicenda penale di indubbia rilevanza.

Durante il primo lockdown, precisamente nel mese di marzo 2020, una coppia che si era allontanata dalla propria abitazione in auto è stata fermata per un controllo dalle Forze dell'Ordine ed aveva giustificato il proprio spostamento scrivendo nell'autocertificazione di doversi recare in ospedale per sottoporsi ad esami clinici.

Una volta emerso che tale circostanza risultava essere falsa, la coppia è dunque finita a giudizio per il reato di falsità ideologica in atto pubblico, previsto e punito dall'art. 483 c.p. con la reclusione fino a due anni.

Tuttavia il GIP del Tribunale emiliano, con la sentenza sopra indicata, ha assolto la coppia dal reato ascrittogli, dichiarando il non luogo a procedere alla luce di considerazioni sistematiche di cruciale importanza, anche per le sue possibili implicazioni in tema di normativa anti-covid.

In particolare, argomentano i giudici che il DPCM con il quale è stata istituita l'autocertificazione utilizzata dalla coppia, come pure tutti i decreti successivi, deve considerarsi illegittimo, in quanto configura un obbligo di permanenza domiciliare, ossia una misura restrittiva della libertà personale di cui all'art. 13 della Costituzione, che può essere irrogata dal Giudice penale solo all’esito di un giudizio e comunque, solo nei modi e nei casi disposti dalla legge.

Ad avviso del giudicante, essendo il DPCM un atto di natura meramente regolamentare di rango secondario, lo stesso non può contrastare un principio tutelato direttamente dalla nostra Costituzione. Anzi, prosegue il Giudice affermando che: “secondo corollario del medesimo principio costituzionale è quello secondo il quale neppure una legge (o un atto normativo avente forza di legge, qual è il decreto-legge) potrebbe prevedere in via generale e astratta, nel nostro ordinamento, l'obbligo di permanenza domiciliare disposto nei confronti di una pluralità indeterminata di cittadini, posto che l’art. 13 Cost. postula una doppia riserva, di legge e di giurisdizione, implicando necessariamente un provvedimento individuale, diretto dunque nei confronti di uno specifico soggetto”.

Pertanto, atteso che tale decreto illegittimo impone di compilare un'autocertificazione in maniera “incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese e dunque illegittima”, la condotta di falso posta in essere dagli imputati, pur comprovata, non è punibile, poiché l'autocertificazione a mezzo del quale la coppia ha realizzato il falso ideologico, ha quale presupposto una norma costituzionalmente illegittima e dunque da disapplicare. Da ciò discende che la condotta concreta “integra un falso inutile, configurabile quando la falsità incide su un documento irrilevante o non influente ai fini della decisione da emettere in relazione alla situazione giuridica che viene in questione”.

Naturalmente, tale pronuncia è destinata a fare molto clamore, anche in considerazione del fatto che l'utilizzo dei DPCM non si è esaurito con il cambio dell'esecutivo.

Tuttavia, la sua portata non deve essere sopravvalutata né tale sentenza può intesa come una sorta di “libera tutti”.

Premesso infatti che un altro principio costituzionale, ovvero quello di cui all'art. 101 comma 2 Cost, stabilisce che i Giudici sono soggetti solamente alla legge, nel senso che questa pronuncia non è vincolante e potrebbe non ripetersi in casi uguali, è evidente che la grave situazione economica ma soprattutto sanitaria che tuttora stiamo vivendo, mal si concilia con tentativi di aggirare le norme adottate a tutela della salute collettiva, anche le più restrittive.

Infatti, inderogabili doveri di solidarietà collettiva ci impongono di attenerci alle disposizioni emesse dallo Stato per evitare la diffusione del contagio, così da tutelare noi stessi e le categorie più fragili, con l'augurio di poterci metterci presto alle spalle questo anno e mezzo e, magari, poter conservare l'autocertificazione solo come un oggetto appartenente ad un'epoca ormai lontana.

 

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La responsabilità civile rientra nella categoria più ampia delle responsabilità giuridiche. In particolare la locuzione ‘responsabilità civile’ ha un duplice significato: da un lato essa indica l’intero istituto composto dalle norme cui spetta il compito di individuare il soggetto tenuto a sopportare il costo della lesione ad un interesse altrui; dall’altro può essere considerata sinonimo della stessa obbligazione riparatoria imposta al soggetto responsabile.

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